Non è facile tacere leggendo le reazioni del mondo politico e giornalistico al testo pubblicato da Marcello De Angelis sulla strage del due agosto 1980, testo che riporto in calce per mia futura memoria. Provo a dire quello che mi sarei aspettato di leggere o di udire. L’ex senatore, ex deputato, ex direttore de Il Secolo d’Italia, ex detenuto per associazione sovversiva, attuale responsabile della comunicazione istituzionale della Regione Lazio, scrive, in particolare:
Il 2 agosto è un giorno molto difficile per chiunque conosca la verità e ami la giustizia, che ogni anno vengono conculcate persino dalle massime autorità dello Stato … so per certo che con la strage di Bologna non c’entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini. Non è un’opinione: io lo so con assoluta certezza. E in realtà lo sanno tutti: giornalisti, magistrati e “cariche istituzionali”.
E allora, viene da dire, che si presenti nelle procure competenti e fornisca gli elementi per scagionare gli innocenti e individuare i veri colpevoli. E per smascherare i depistaggi, dal momento che aggiunge:
Dire chi è responsabile non spetta a me, anche se ritengo di avere le idee chiarissime in merito nonché su chi, da più di 40 anni, sia responsabile dei depistaggi.
Visto che sa tutto, che lo vada a riferire nelle sedi deputate.
In luogo di tali ovvietà, ho letto soprattutto invocazioni a “dimissioni” (spontanee o forzate) e richieste di “scuse”. Ma di cosa dovrebbe scusarsi, visto che ha detto cose di cui è certo? A dire il vero, nell’articolo successivo che pure riporto sotto, egli stesso si è rettificato, sostituendo la certezza con il dubbio:
In merito alla più che quarantennale ricerca della verità sulla strage di Bologna, l’unica mia certezza è il dubbio.
Dubbio che egli rafforza citando il comitato “E se fossero innocenti?” (http://www.stragi.it/listacomitato).
Accettiamo che il primo testo sia stato un modo irruento di esprimere questo dubbio, che è perfettamente legittimo coltivare, dal momento che Mambro e Fioravanti vennero condannati sulla base di numerosi, pesanti e convergenti indizi. Numerosi, pesanti e convergenti, ma pur sempre indizi, non prove. Nessuno può essere dimissionato per aver espresso un dubbio, ma vale la pena leggere De Angelis fino alla fine:
Non riusciranno a farmi rinunciare a proclamare la verità. Costi quel che costi…
Come GioNa tra i flutti non tremo…
Vieni a prendermi balena, non ti temo
E scusate se ve lo dico – col massimo del rispetto e dell’amicizia – a questo post non basta mettere un “mi piace”, dovete rilanciarlo e condividerlo… altrimenti hanno vinto loro, gli apostoli della menzogna…
Apostoli della menzogna? Come Giona tra i flutti non tremo? Balena, non ti temo?
Ma come parla? Come scrive?
Lasciatemelo dire: questo Marcello De Angelis dovrebbe proprio dimettersi, e non per aver espresso un dubbio (o anche una certezza), ma per il linguaggio che usa, per la prosa che produce. Perché stiamo parlando del responsabile comunicazione istituzionale della Regione Lazio. E sottolineo istituzionale.
Anche perché l’informazione istituzionale dovrebbe avere una qualche completezza. E aggiungo io alcune informazioni su Mambro e su Fioravanti, traendole dal sito dei familiari delle vittime della strage del due agosto, che andrebbero sempre ricordati e ricordate quando di ciò si parla (familiarivittime).
Su Valerio Fioravanti:
ergastolo per l’omicidio di Roberto Scialabba (28 febbraio 1978)
ergastolo per l’omicidio di Antonio Leandri (17 dicembre 1979)
ergastolo per l’omicidio di Maurizio Arnesano (6 febbraio 1980)
ergastolo per l’omicidio di Franco Evangelista (28 maggio 1980)
ergastolo per l’omicidio di Mario Amato (23 giugno 1980)
ergastolo per la strage alla Stazione di Bologna (2 agosto 1980) (*)
ergastolo per l’omicidio di Francesco Mangiameli (9 settembre 1980)
ergastolo per l’omicidio di Enea Codotto e Luigi Maronese (5 febbraio 1981)
Fioravanti ha inoltre accumulato complessivamente 134 anni e 8 mesi di reclusione per reati quali: furto e rapina (una ventina), violazione di domicilio, sequestro di persona, detenzione illegale di armi, detenzione di stupefacenti, ricettazione, violenza privata, falso, associazione a delinquere, lesioni personali, tentata evasione, banda armata, danneggiamento, tentato omicidio (28 febbraio 1976, 15 dicembre 1976, 9 gennaio 1977, 28 febbraio 1978, 6 marzo 1978), incendio, sostituzione di persona, strage, calunnia, attentato per finalità terroristiche e di eversione.
Anni effettivamente scontati in carcere: 18.
Su Francesca Mambro:
ergastolo per l’omicidio di Franco Evangelista (28 maggio 1980)
ergastolo per l’omicidio di Mario Amato (23 giugno 1980)
ergastolo per la strage alla Stazione di Bologna (2 agosto 1980) (*)
ergastolo per l’omicidio di Francesco Mangiameli (9 settembre 1980)
ergastolo per l’omicidio di Enea Codotto e Luigi Maronese (5 febbraio 1981)
ergastolo per l’omicidio di Giuseppe De Luca (31 luglio 1981)
ergastolo per l’omicidio di Mambroarco Pizzari (30 settembre 1981)
ergastolo per l’omicidio di Francesco Straullu e Ciriaco di Roma (21 ottobre 1981)
ergastolo per l’omicidio di Alessandro Caravillani (5 marzo 1982)
La Mambro ha inoltre accumulato complessivamente 84 anni e 8 mesi di reclusione per reati quali: furto e rapina (una ventina in tutto), detenzione illegale di armi, violazione di domicilio, sequestro di persona, ricettazione, falso, associazione sovversiva, violenza privata, resistenza e oltraggio, attentato per finalità terroristiche, occultamento di atti, danneggiamento, contraffazione impronte.
Anni effettivamente scontati in carcere: 16.
Alla domanda “e se fossero innocenti?”, direi che possiamo azzardare una prima timida risposta: se (anche) fossero innocenti (per la strage del due agosto) dovrebbero comunque ringraziare il cielo per essere cittadini di un paese come l’Italia, dove otto ergastoli e un secolo di carcere si riducono a 18 anni di reclusione seguiti dalla libertà. Perché attualmente sono liberi. Non semiliberi. Liberi.
Ma se scrivo questo articolo è per altre ragioni riguardanti il legittimo dubbio sulle sentenze definitive. Dubbio che è sempre lecito coltivare, ma non solo per le sentenze di condanna, bensì anche per quelle di assoluzione. Con la doverosa precisazione che le sentenze di condanna possono essere riviste e annullate, mentre quelle di assoluzione, una volta passate in giudicato, no. Ebbene, giova ricordare che Valerio Fioravanti venne processato e assolto per l’omicidio di Piersanti Mattarella, avvenuto il sei gennaio 1980. A tal proposito, nel 1986, Cristiano Fioravanti, fratello di Valerio e membro egli stesso dei NAR, dichiara quanto segue a Giovanni Falcone (v. Giuliano Turone, l’Italia occulta, cap. XII, p. 229-255):
Della partecipazione di mio fratello Valerio all’omicidio Mattarella appresi da lui stesso dopo l’omicidio del Mangiameli [9 settembre 1980] … All’uopo era stata fatta una riunione a Palermo in casa del Mangiameli, … e nel corso di essa erano intervenuti, oltre che il Mangiameli, mio fratello Valerio, la moglie del Mangiameli, e una persona della Regione (non so se un funzionario o un politico). Quest’ultimo avrebbe dato la “dritta”, cioè le necessarie indicazioni per poter programmare l’omicidio. Aggiunse mio fratello che l’omicidio era stato poi effettivamente commesso da lui e dal Cavallini… Sono sicuro che Valerio mi abbia detto la verità nel confidarmi le sue responsabilità nell’omicidio dell’uomo politico siciliano. Egli doveva convincermi dell’utilità, dopo l’uccisione del Mangiameli, anche dell’uccisione della moglie … che aveva partecipato alla riunione in cui si era decisa l’uccisione ed era ancor più pericolosa del marito.
Alberto Volo, estremista di destra militante in Terza posizione e sodale di Mangiameli, nel 1989 dichiara al pool antimafia di Palermo che
per quanto attiene più precisamente all’omicidio di Piersanti Mattarella erano stati Riccardo e il prete, cioè Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini (ibidem).
A ciò si aggiungono le testimonianze oculari di Irma Chiazzese, moglie di Piersanti Mattarella, e della domestica, che riconobbero in Fioravanti l’omicida (a volto scoperto) che uccise l’uomo politico a colpi di rivoltella calibro 38. Nel processo testimoniarono numerosi pentiti di mafia, alcuni dei quali esclusero la partecipazione dei NAR, di modo che vennero condannati come mandanti i vertici di Cosa nostra (Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci), mentre Fioravanti e Cavallini vennero invece assolti con una motivazione che il figlio della vittima, Bernardo, così commentò: a mia madre è stato preferito il pentito che dice di non aver mai sentito il nome di Fioravanti. Il mancato ricordo dei pentiti porta a scagionare l’imputato. È l’aberrazione del diritto (Wikipedia, voce Piersanti Mattarella – il processo).
La sentenza è definitiva dal 1999 e quindi per quel fatto Fioravanti è da considerarsi irrevocabilmente innocente. Non potrebbe essere processato neppure se confessasse. Proprio per questo l’intera galassia degli (ex?) estremisti di destra, fra cui Marcello De Angelis, potrebbe illuminarci sulla verità. Dal momento che tutto sanno sulla strage del due agosto, sicuramente sanno anche dell’omicidio del sei gennaio. E dovrebbero essere essi stessi ad avvertire l’esigenza di verità. In particolare il medesimo De Angelis, il quale punta il dito contro “le massime autorità dello Stato” che ogni anno “conculcano la verità e la giustizia” sul due agosto. Cariche che a suo dire, come lui stesso, sanno con assoluta certezza che “Fioravanti, Mambro e Ciavardini non c’entrano nulla con la strage”. Vi è sicuramente, fra gli estremisti di destra, chi ha medesime certezze anche sull’omicidio di Piersanti Mattarella, e dovrebbe essere suo dovere morale esprimersi. Perché fra le massime autorità dello Stato che secondo De Angelis conculcano la verità e la giustizia ogni anno, par di capire che vi sia anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che di Piersanti, guarda il caso, era il fratello.
Strano paese è quello in cui l’uomo accusato dalla moglie del fratello del Capo dello Stato di esserne l’assassino – reo confesso di omicidi, rapine, terrorismo, e condannato a otto ergastoli e oltre un secolo di carcere – circola libero e scrive sui giornali. Difeso, come se non bastasse, dai responsabili delle comunicazioni istituzionali.
Testi di Marcello De Angelis.
1.
Il 2 agosto è un giorno molto difficile per chiunque conosca la verità e ami la giustizia, che ogni anno vengono conculcate persino dalle massime autorità dello Stato (e mi assumo fieramente la responsabilità di quanto ho scritto e sono pronto ad affrontarne le conseguenze).
La differenza tra una persona d’onore e uno che non vale niente è il rifiuto di aderire a versioni di comodo quando invece si conosce la verità. E accettare la bugia perché così si può vivere più comodi.
Intendo proclamare al mondo che Cristo NON è morto di freddo e nessuno potrà mai costringermi a accettare il contrario.
Così come so per certo che con la strage di Bologna non c’entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini.
Non è un’opinione: io lo so con assoluta certezza. E in realtà lo sanno tutti: giornalisti, magistrati e “cariche istituzionali”.
E se io dico la verità, loro – ahimè – mentono.
Ma come i martiri cristiani io non accetterò mai di rinnegare la verità per salvarmi dai leoni.
Posso dimostrare a chiunque abbia un’intelligenza media e un minimo di onestà intellettuale che Fioravanti, Mambro e Ciavardini non c’entrano nulla con la strage. Dire chi è responsabile non spetta a me, anche se ritengo di avere le idee chiarissime in merito nonché su chi, da più di 40 anni, sia responsabile dei depistaggi.
Mi limito a dire che chi, ogni anno e con toni da crociata, grida al sacrilegio se qualcuno chiede approfondimenti sulla questione ha SICURAMENTE qualcosa da nascondere.
A me, con questo ignobile castello di menzogne, hanno tolto la serenità, gli affetti e una parte fondamentale della vita.
Non riusciranno a farmi rinunciare a proclamare la verità. Costi quel che costi…
Come GioNa tra i flutti non tremo…
Vieni a prendermi balena, non ti temo
E scusate se ve lo dico – col massimo del rispetto e dell’amicizia – a questo post non basta mettere un “mi piace”, dovete rilanciarlo e condividerlo… altrimenti hanno vinto loro, gli apostoli della menzogna…
2.
Negli ultimi giorni ho espresso delle riflessioni personali sul mio profilo social, che sono invece diventate oggetto di una polemica che ha coinvolto tutti.
Intendo scusarmi con quelli – e sono tanti, a partire dalle persone a me più vicine – a cui ho provocato disagi, trascinandoli in una situazione che ha assunto dimensioni per me inimmaginabili.
Ho altresì il dovere di fare chiarezza su affermazioni che possono essere fraintese per l’enfasi di un testo non ponderato, ma scritto di getto sulla spinta di una sofferenza interiore che non passa ed è stata rinfocolata in questi mesi.
I colleghi giornalisti che quotidianamente e pubblicamente mi definiscono un ex-terrorista – pur nella consapevolezza del fatto che non sono mai stato condannato per nessun atto criminale o gesto di violenza – infangano il mio onore e mi negano la dignità di una intera vita. Perché un terrorista è una persona schifosa e vile.
Ho servito e rappresentato le istituzioni democratiche per anni e ne ho il massimo rispetto, così come per tutte le cariche dello Stato, che da parlamentare ho contributo ad eleggere e che oggi sostengo come cittadino elettore.
Fra queste e prima di tutte, la Presidenza della nostra repubblica.
In merito alla più che quarantennale ricerca della verità sulla strage di Bologna, l’unica mia certezza è il dubbio.
Dubbio alimentato negli anni dagli interventi autorevoli di alte cariche dello Stato come Francesco Cossiga e magistrati come il giudice Priore e da decine di giornalisti, avvocati e personalità di tutto rispetto che hanno persino animato comitati come “E se fossero innocenti”.
Purtroppo sono intervenuto su una vicenda che mi ha colpito personalmente, attraverso il tentativo, fallito, di indicare mio fratello, già morto, come esecutore della strage. Questo episodio mi ha certamente portato ad assumere un atteggiamento guardingo nei confronti del modo in cui sono state condotte le indagini.
Esprimo quindi dubbi, così come molti hanno espresso dubbi sulla sentenza definitiva contro Adriano Sofri senza per questo essere considerati dei depistatori o delle persone che volessero mancare di rispetto ai familiari del commissario Calabresi.
Per tutte le vittime della folle stagione dei cosiddetti anni di piombo e dei loro familiari ho il massimo rispetto, vieppiù per chi sia finito sacrificato innocentemente in eventi mostruosi come le stragi che hanno violentato il nostro popolo e insanguinato la nostra Patria massacrando indiscriminatamente.
Nel ribadire il mio rispetto per la Magistratura, composta da uomini e donne coraggiosi che si sono immolati per difendere lo Stato e i suoi cittadini, ritengo che tutti abbiano diritto ad una verità più completa possibile su molte vicende ancora non del tutto svelate.
Ho appreso che l’attuale governo, completando un percorso avviato dai governi precedenti, ha desecretato gli atti riguardanti il tragico periodo nel quale si colloca la strage del 2 agosto 1980: mi auguro che l’attento esame dei documenti oggi a disposizione permetta di confermare, completare e arricchire le sentenze già emesse o anche fare luce su aspetti che, a detta di tutti, restano ancora oscuri.
Ribadisco le mie profonde scuse nei confronti di chi io possa aver anche solo turbato esprimendo le mie opinioni. Anche se rimane un mio diritto, prima di scrivere e parlare bisogna riflettere sulle conseguenze che il proprio agire può avere sugli altri.
Viviamo per fortuna in una società civile in cui il rispetto degli altri deve essere tenuto in conto almeno quanto la rivendicazione dei propri diritti.